I Temi
L’architettura del Seicento e del Settecento è uno dei temi portanti della mostra e con certezza si snoda in tre sale, 17, 18, e 19, per poi concludersi, con tutta probabilità, in una quarta, la 20.
Pur essendo questi spazi fondamentali nel percorso espositivo, nella serie fotografica relativa alla mostra non ci sono vedute di sala, né sono state reperite immagini di visite ufficiali. La ricostruzione si è quindi dovuta basare sui documenti di archivio (AFTM), recensioni, principalmente quella di Umberto Chierici [Appunti sull’architettura alla mostra del Barocco piemontese, in "Palladio", 2, 1938, pp. 55-56], e sul felice ritrovamento degli appunti di visita di Eugenio Olivero (gentilmente segnalati dal dott. Roberto Caterino), che però si concentrano solo su Juvarra. La sala 17 risulta dedicata a Guarino Guarini e l’architettura del Seicento. Uno schema e alcune note di Viale restituiscono idee e intenzioni riguardo l’allestimento (AFTM SMO 137), articolato in nove pannelli con progetti e ingrandimenti fotografici. Il primo pannello (A) illustra: «Vittozzi e Sanfront civile e Giov. Boetto», quest’ultimo sostituito, negli appunti che seguono lo schema, da Lanfranchi con il progetto per il Palazzo di Città a Torino e le fotografie della chiesa della Visitazione, di S. Rocco e della Basilica Magistrale. Di Vitozzi si intendeva esporre la pianta di Torino e di piazza Castello, con relative fotografie; il disegno della Chiesa del Corpus Domini e non meglio specificati disegni “dell’Università”, mentre l’architettura civile di Ercole Negro di Sanfront andava illustrata con Palazzo Cravetta a Savigliano e con la Villa del Maresco (l’architettura militare risulta invece in parte esposta nella sala delle glorie miliari, sala 4). Seguivano a parete Castellamonte e Lanfranchi (pannello B) – di questo passaggio, vista la diversità tra schema e appunti sopradetti, si suppone un qualche ripensamento –, mentre su Castellamonte, presumibilmente Amedeo, si ritornava con il pannello C. Il pannello H avrebbe esposto le opere di Taricco, Costaguta e Bertola, mentre l’ultimo pannello era dedicato a Baroncelli. Fulcro della sala: Guarini, rappresentato da quattro pannelli. Il primo, “Come nasce l’idea” (D), doveva presentare Palazzo Carignano e raccontarne lo “sviluppo dell’idea architettonica attraverso i disegni dell’Archivio di Stato e fotografie”, mentre il suo gemello affrontato (F), dedicato a “Razionalità costruttiva ed essenzialità” doveva mettere in risalto “l’originalità costruttiva” della cupola di S. Lorenzo e della cappella della Sindone foto 6770. A parete il pannello E, in cui il teatino compariva insieme a non più dettagliati “architetti dei duchi”, comprendeva, secondo gli appunti, “Guarini e scuola. S. Filippo di Torino, Chiesa di Nizza, Chiesa di Lisbona, Dienstenhofer [sic], Neumann, Hildebrand [sic]. Sviluppi barocchi in Germania e Austria". Si prevedeva quindi un confronto tra Guarini e gli architetti tedeschi, seguendo le linee interpretative sviluppate da Brinckmann nel suo intervento in occasione del Congresso di Cavallermaggiore nel 1932 [La grandezza di Guarino Guarini e la sua influenza sull’architettura in Germania nel ‘700, in «Il congresso di Cavallermaggiore», 6-7 agosto 1932, Atti e Memorie del Primo Congresso Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1932]. L’ultimo pannello (G) con le “Architetture civili” avrebbe dovuto chiudere la rassegna esponendo progetti per il Palazzo dei Nobili (“Album dell’Archivio di Stato”), disegni per il castello di Racconigi (“Disegni dell’Archivio di Stato”) e fotografie del Palazzo Provana di Collegno e dello scalone di Palazzo Graneri. Gli appunti indicano un livello di elaborazione non ancora definitivo, lo si deduce dalle difformità tra schema e appunti, cancellature e riscritture, ma i temi portanti appaiono già essersi assestati se la recensione di Chierici li conferma in gran parte: “Del Teatino erano esposti alcuni minuti ma gustosi disegni di particolari del Palazzo Carignano, gli studi per il Palazzo di Racconigi e per la S. Sindone, tre disegni di progetto per il palazzo dell’abate Graneri, di carattere ancora cinquecentesco, e infine cinque studi di pianta per il Palazzo Carignano di Torino». La recensione colloca inoltre in questa sala anche "i settecenteschi secondari, il Garove, Francesco Galllo, il Michela, il Martinez" [CHIERICI 1938], che trovano parziale riscontro negli appunti di Viale. A Juvarra sono riservate le sale 18 e 19. La prima delle due risulta costituita da pochi ma significativi disegni originali – le vedute del Campidoglio e i progetti per il concorso Clementino del 1705 – e, per la maggior parte, da fotografie di schizzi ed edifici che illustrano tutta la carriera dell’architetto, dalle scenografie per il teatro Ottoboni e i progetti per la cappella Antamoro in S. Gerolamo della Carità a Roma, ai progetti per le residenze sabaude e Torino, a quelli per Como, Caravaggio e Mafra. Le lastre negative di queste immagini non compaiono nella serie relativa alla mostra, forse perché realizzate precedentemente per altri scopi, come per esempio la pubblicazione a cura di Brinckmann, Rovere e Viale, Filippo Juvarra. La seconda sala, 19, presenta invece solo disegni originali, ad eccezione di fotografie di schizzi per scenografie dalla Kunstbibliothek di Berlino, di cui comunque si espongono quattro anche autografi. Trovano “qui una completa documentazione iconografica” [CHIERICI 1938] i disegni, alcuni già esposti nella sala precedente, per il Palazzo in Villa per quattro personaggi e per il Castello di Rivoli, a cui fanno eco le due tele di Andrea Locatelli e quella di Giovanni Paolo Panini della serie di vedute eseguite sui disegni di Juvarra. Nel centro della sala una grande teca contenente 11 album di disegni autografi: i due allora di proprietà del senatore Grande Ufficiale Adriano Tournon; i volumi Riserva 59.1, 59.2, 59.4 e 59.5 della Biblioteca Nazionale di Torino; i quattro volumi del Museo Civico di Torino e infine l’album dal Kupferstich Kabinett di Dresda. “Con Filippo Juvarra la Mostra era praticamente chiusa”, nota Chierici che annovera ancora tra gli architetti in esposizione Bernardo Vittone, Benedetto Alfieri “e alcuni dei settecentisti tardi e minori: il Quarini, Carlo Re, il Rana, Luigi Barberis, Giovanni Sezzano, con modeste opere di vario genere” [CHIERICI 1938]. Per ragione di spazio, quantità di opere e su base documentaria, è difficile pensare che questo ultimo gruppo si possa collocare insieme con Juvarra, più facile supporre invece che si allunghi nella piccola sala attigua, la 20. Che fosse in mostra in sala dedicata o con Juvarra, l’affondo sul dopo dà ragione della recente scoperta della ricchezza architettonica diffusa sul territorio e ne offre un primo quadro corale, comunque sempre analizzato in prospettiva juvarriana, per enfatizzare cioè il primato del messinese e dimostrarne l’influsso sulla produzione locale settecentesca. Si ringrazia la Dott.ssa Francesca Croce per aver fornito indicazioni e spunti di lettura sul tema.