I Temi
Il tema dell’argenteria è sicuramente di grande rilevanza, lo dimostrano la presenza nel percorso espositivo di ben due ambienti dedicati; i 119 scatti della campagna fotografica e i circa 200 oggetti arrivati in sede di mostra e documentati nei registri bollettari.
Risulta però difficile capire a pieno i criteri di selezione prima e di ordinamento poi, soprattutto a causa di una certa reticenza delle fonti: poche sono le recensioni e gli articoli che vanno al di là di generiche indicazioni; l’inventario delle immagini fotografiche della FTM è particolarmente lacunoso – di ben 70 scatti non viene riportata nessuna informazione, salvo un generico titolo “argenteria” che solo in parte viene integrato dalle note manoscritte sui pergamini di conservazione delle lastre –; non risultano eseguite fotografie con veduta di sala. Elemento quest’ultimo che fa riflettere se si pensa alla grande attenzione dedicata dal curatore Viale ai temi museografici e si considera che l’allestimento di argenterie e oreficerie era stato già da lui affrontato nella recente Mostra di Arte Sacra Aosta del 1936 e da lì a poco avrebbe avuto riuscitissima declinazione nella sala argenti e avori della successiva Mostra del Gotico e Rinascimento in Piemonte (1938-1939). Nella Mostra del Barocco Piemontese vengono identificati tre filoni: argenteria sacra del Seicento e del Settecento, esposta in sala 12; argenteria profana del Settecento e argenteria ebraica, esposte insieme con ventagli e monete in sala 31. In sala 12 trova posto una sorta di campionatura per tipo: reliquiari, ostensori, calici, tabernacoli, per la maggior parte provenienti dalle chiese del Piemonte e della Valle d’Aosta, illustrano la varietà dell’argenteria sacra di produzione locale arrivando a presentare raffinatissime realizzazioni come il busto reliquiario di Santo Stefano dall’omonima chiesa di Casale Monferrato, la portella di tabernacolo dalla chiesa di San Martino a Rivoli, l’ostensorio a raggiera in argento e pietre preziose dal Santuario di Oropa, donato da Maria Giovanna Battista di Savoia Nemour oppure ancora l’ostensorio con decorazioni floreali e figure in fusione della Misericordia di Torino. La sala 31 presenta invece un carattere meno monografico comprendendo oltre all’argenteria anche una collezione di ventagli dell’avvocato Gaspare Gozzi di Torino e una sezione di numismatica. Sicuramente di grande importanza è il prestito dall’Österreichisches Museum für angewandte Kunst di Vienna che concede tre set composti da paiola e piatto, tra cui quello per le nozze di Leopoldo d'Asburgo in argento dorato eseguito da Giovanni Battista Boucheron (argentiere), Carlo Lavy (cesellatore) e Carlo Tamiatti (incisore). Tra i pestatori, oltre a Pietro Accorsi, spiccano per quantità di oggetti messi a disposizione Giovanni Chevalley, la signora Vittoria Burroni Girotto di Torino e il Grande Ufficiale Michele Segre, che fornisce tutto il nucleo di argenti ebraici. Segnalato a Viale direttamente dal principe Umberto per via della “notevole raccolta di argenterie piemontesi del 600 e 700 [che] è disposto a concedere liberalmente in prestito” (AFTM SMO 99), Michele Segre discendeva da una famiglia di gioiellieri torinesi trasferitasi a fine Ottocento a Roma dove egli stesso era proprietario di una galleria antiquaria di “gioielli, quadri, vasellame”, specializzata sul Settecento ed evidentemente conosciuta anche dal principe di casa Savoia (si ringrazia il dott. Paolo Surano per le informazioni biografiche relative a Michele Segre). Al piano inferiore nella sala 49, aggiuntasi dopo l’apertura della mostra, risultano esposti, anche se non meglio specificati, disegni di Giovan Battista Boucheron che, dal confronto con l’inventario delle fotografie FTM, possono identificarsi in quelli di proprietà del Museo Civico di Torino raffiguranti progetti per centrotavola e suppellettile sacra e profana. La selezione di argenti proposta in mostra si configura come un primo tentativo di indagine in un campo allora davvero poco indagato, anzi, considerata la quasi totale assenza di studi specifici e letteratura critica, si può supporre che a sostegno di tale affondo sul tema ci fosse la capillare conoscenza del territorio non solo di Viale, ma anche della sua comunità di studiosi di riferimento, forse Chevalley, che figura tra i maggiori prestatori, sicuramente Carlo Lovera di Castiglione, che dai documenti risulta incaricato con l’“alto assenso” del cardinale Fossati di visitare le chiese “per la per la scelta degli oggetti d’arte convenienti alla mostra” (AFTM SMO 147). Si ringrazia il Dott. Paolo Surano per aver fornito indicazioni e spunti di lettura sul tema.